Il
giorno seguente l’incontro con Pietro de’ Piccolomini, Antonio lasciò
inosservato la casa paterna per evitare la resistenza dei genitori
alla sua decisione; ma lasciò scritta ad essi la risolusione che,
oer divino comando, aveva preso.
Ed ecco che i due giovani
araldi della fede e della carità in viaggio di buon mattino verso
Lecceto.
Era questo un grande convento dei frati agostiniani
eremitani situato a otto chilometri a nord-ovest di Siena, in luogo
solitario e tranquillo. Le sue origini risalgono al IV sec. d.C.; ed
in tanti asecoli di esistenza molte vicende passarono tra quelle
mura, entro le quali trovarono ospitalità santi, papi e
sovrani.
Oggi non è più convento, ma luogo di villeggiatura
dei seminaristi senesi.
A Lecceto Pietro de’ Piccolomini e
Antonio Patrizi ebbero lieta accoglienza dal Priore dell’Eremo, al
quale, nella notte, un sogno rivelatore aveva preannunciato l’arrivo
di due illustri giovani, destinati ad essere “due splendenti
stelle di quella Congregazione”.
Essi furono ammessi, senza
difficoltà, a vestire l’abito agostiniano e a compiere in quel
convento il noviziato. Antonio fece quel periodo di preparazione con
le più “inviolabili promesse di conservare la sua innocenza, e
di osservare le più minute regole della santa Congregazione” da
lui prescelta.
L’Ordine agostiniano eremitano era un ordine
severissimo nel quale la vita veniva trascorsa in preghiera, uffizi,
in severe pratiche religiose e nel compimento di opere buone. Esso si
stailiva, per lo più, in luoghi lontani dai grandi centri, allora
specialmente agitati da lotte civili e da ambizioni di predominio, a
cui si aggiungevano la corruzione e i vizi d’ogni specie.
Antonio,
non d’altro desideroso che di occultare il bene che Egli faceva, e di
nascondere, con una umiltà senza pari, le sue grandi virtù, non
poteva trovare un ordine più adatto. E così, compiuto felicemente
il noviziato, il Beato fu, “per divina volontà e per eccelsa
speciale sorte degli abitanti”, inviato a Monticiano.